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Il Commercio Equo e Solidale

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Mercatini equosolidaliL'idea di una forma di commercio alternativa alla tradizionale nasce da alcune considerazioni di fronte alle quali non si può rimanere indifferenti.

La Banca Mondiale stabilisce la soglia di povertà in 1 dollaro al giorno: in questa situazione si trovano da anni 1,5 miliardi di persone. Provando a raddoppiare questa soglia scopriamo che oggi 3 miliardi di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno. Viviamo una situazione in cui metà della popolazione mondiale è estremamente povera e la cosa triste è che le cose stanno evolvendo verso il peggio.

Il sistema economico mondiale ha un principio molto semplice: «guadagnare sempre e comunque». La classe sociale che detiene il potere economico -i mercanti- divide la popolazione mondiale in due: «gli utili», cioè coloro che hanno i soldi per comprare i loro prodotti, e «gli inutili», che denaro da spendere non ne hanno. E fin qui tutto andrebbe ancora bene perché chi non ha denaro per entrare nel nostro sistema economico ne vivrebbe benissimo anche fuori (economie di sussistenza).

Pensiamo agli indios dell'Amazzonia, che prima dell'arrivo del mondo occidentale vivevano di caccia, pesca e agricoltura primitiva. Non avevano le comodità che abbiamo noi ma vivevano bene anche senza. Se non fosse però per quei signori di cui abbiamo parlato prima, cioè di chi detiene il potere economico: essi intravedono che dietro a chi non ha soldi c'è comunque della ricchezza da sfruttare: prima si possono sfruttare le ricchezze delle loro terre (gli alberi, i minerali) poi quando non si lascia loro più niente per vivere si possono sfruttare anche le persone (manodopera a basso costo).

Esempio: le banane che vengono dall'Ecuador (America Latina) costano meno delle mele che vengono dal Trentino. Le banane costano cosi poco perché mentre le donne che raccolgono mele in Val di Non prendono 10 euro all'ora, in Ecuador il lavoratore prende 1 dollaro al giorno. E questo è possibile perché mentre in Italia ci sono forme di tutela dei lavoratori (i sindacati, la possibilità di sciopero o di cambiare datore di lavoro) in Ecuador tutto questo c'è solo in parte. Il lavoratore è messo di fronte alla possibilità di accettare 1 dollaro al giorno oppure andarsene. E in questo caso ci mettono 2 minuti a sostituirlo, perché di gente che muore di fame ce n'è. E lui si trova senza anche di quel dollaro al giorno.

Nei paesi poveri lo Stato fa davvero poco per difendere i lavoratori, e spesso i politici sono letteralmente comprati dalle multinazionali. Collegato a questo c'è il problema dello sfruttamento del lavoro minorile. In una famiglia composta da 8-10 persone, un dollaro al giorno significa morire di fame. E quindi anche i bambini piccoli sono costretti a lavorare. La paga di un bambino è minore di quella di un adulto e il bambino è più facile da sfruttare e maltrattare.

Da questa situazione e dalla sensibilità delle persone nasce l'idea del Commercio Equo e Solidale. Il Commercio Equo e Solidale non è beneficenza e non è nemmeno una raccolta di fondi per i missionari. E' piuttosto una forma di scambio commerciale a tutti gli effetti. Si tratta ancora di vendere e di comprare, ma con regole e principi di fondo totalmente nuovi, rivoluzionari.

Questa idea talmente rivoluzionaria e talmente semplice è di instaurare un rapporto economico coi lavoratori del Sud che consenta loro di vivere dignitosamente riconoscendo prezzi equi, pagandoli per il valore effettivo del loro lavoro e non per quanto fa comodo alle grandi imprese europee e americane. Non si tratta più di sfruttare fin che si può il produttore di caffè, banane, cacao o thé, ma di creare una relazione commerciale in cui il lavoratore del Sud del mondo è protagonista e non vittima del proprio lavoro.

Più tecnicamente come si può realizzare tutto questo e come è strutturato il Commercio Equo e Solidale? L'organizzazione che sta dietro il Commercio Equo e Solidale è formata in parte da lavoratori stipendiati, in parte da volontari. Alcune di queste persone contattano direttamente i contadini o gli artigiani di una zona disagiata del Sud del mondo e propongono loro un contratto commerciale per l'acquisto e l'importazione del loro prodotto: in parole povere, si sostituiscono alle multinazionali. In questo accordo ci sono norme che non sono presenti nei contratti delle multinazionali, perché servono a tutelare la sopravvivenza e la dignità dei produttori.

Queste norme sono:

Prefinanziamento
I produttori ricevono metà del denaro pattuito alla stipula del contratto e metà alla consegna dei prodotti: questo permette loro di avviare la produzione in maniera autonoma, di disporre di strumenti propri di essere autosufficienti e indipendenti e di non dover magari indebitarsi per chiedere prestiti a banche che molto difficilmente li concederebbero.

Prezzo equo e non dipendente dalle oscillazioni del mercato
C'è una soglia limite, fissata nel contratto, oltre la quale il prezzo del prodotto non può scendere anche se dovesse calare il prezzo ufficiale di mercato.

Contratti di durata pluriennale
Dà la possibilità al produttore di avviare progetti con tranquillità, di assestare la propria situazione finanziaria senza l'assillo di ritrovarsi da capo l'anno successivo.

L'obbligo di organizzarsi da un punto di vista sociale
I produttori hanno il dovere di darsi una struttura sociale salda, autonoma e locale, fatta da produttori locali che si riuniscono e si organizzano in maniera democratica, dove le decisioni si prendono in maniera collettiva e con la creazione di sindacati per la tutela dei lavoratori. In questa maniera appaiono più forti rispetto ai governi locali e soprattutto contro chi cerca di indebolirli per poi sfruttarli.

No al lavoro minorile
Quello del lavoro minorile è forse il tema che più vede sensibile la gente, però è un problema complesso. Non serve rifiutarsi di comprare prodotti in odore di lavoro minorile per risolvere il problema perché in una famiglia dove si muore di fame questa forza lavoro verrebbe semplicemente dirottata nell'industria locale (nelle campagne). L'unico modo per non dover mandare al lavoro i bambini è pagare in maniera sufficiente i genitori.

Un contratto con queste garanzie e con queste richieste consente al lavoratore del Sud di affacciarsi ai mercati occidentali senza l'intermediazione interessata delle multinazionali. Questo permette di vedere riconosciuto in maniera equa il proprio lavoro, di ricevere una retribuzione garantita e di migliorare in maniera netta le condizioni di vita proprie e di tutti.